E’ abbastanza difficile parlare di Arduino senza avere sensazioni di deja-vu, le storie di Codemotion e della scheda nata in un bar di Ivrea si incrociano spesso e volentieri, poi sono tanti i geni in comune nel dna di entrambi, non ultima l’importanza della community per la crescita esponenziale, che sembra sempre di stare a guardarsi in uno specchio un pò deformante, ma nemmeno tanto. Per questo quando Banzi sale sul palco a raccontare cosa c’è di nuovo, mi sento sempre in dovere di stare attento alle singole parole, perchè molto probabilmente quello che è successo a lui e alla sua azienda negli ultimi 6 mesi, capiterà a tutti quelli che conosco e che fanno questo lavoro, di lì a poco.
Questa volta però è stato anche interessante come ha riavvolto il nastro e raccontato le origini alla luce di una posizione di quiete, chiaramente apparente, certo sentirlo dire da Banzi in un contesto come quello di Codemotion ha molto più pathos, ma per chi quel giorno lì inseguiva una sua chimera, ho provato a trascrivere un po’ di cose che mi sono rimaste impresse.
Chiaramente si parte dal fenomeno Arduino che non è semplicemente la storia di una scheda elettronica, ma rappresenta un potente esempio di come una filosofia incentrata sull’utente, il design e l’apertura possa trasformare tecnologie complesse in strumenti di innovazione accessibili a tutti. Al centro di questa trasformazione c’è la figura di Massimo Banzi, che si definisce con orgoglio un “professional nerd”. La sua carriera e la creazione di Arduino sono profondamente radicate nel concetto giapponese di Ikigai, l’intersezione tra ciò che appassiona, ciò che si sa fare, ciò di cui il mondo ha bisogno e ciò per cui si viene pagati. Per Banzi, il suo Ikigai è chiaramente quello di spiegare la tecnologia e trasformarla in uno strumento utilizzabile dal maggior numero di persone possibile, partendo dalla convinzione che le tecnologie siano spesso molto più semplici di quanto si pensi.
Le riogini filosofiche e il design centrato sull’umano
L’interesse per il design e l’elettronica affonda le radici nell’infanzia, grazie all’uso di un kit della Brown negli anni ’60, che permetteva di costruire circuiti semplicemente assemblando cubi. Questo kit gli insegnò che argomenti complessi possono essere resi comprensibili anche a chi non ha conoscenze specifiche; a soli 7 anni, Banzi era in grado di costruire oggetti elettronici funzionanti, come una radio. Questa lezione – la capacità di prendere la complessità e renderla accessibile – è diventata la base della filosofia di Arduino.
Il contesto formativo che ha portato alla nascita di Arduino è stato l’Interaction Design Institute (IDI) di Ivrea, dove Banzi ha iniziato a insegnare nel 2002. L’IDI era un tentativo di creare un master in Interaction Design in Italia, situato in un edificio storico di Olivetti, un’azienda che già negli anni ’80 applicava il design in modo trasversale a tutto ciò che faceva. L’Interaction Design si concentra non sulla forma degli oggetti, ma sul modo in cui le persone interagiscono con la tecnologia, ponendo l’essere umano al centro del processo di progettazione.
Il mantra di questa scuola era “progettare, costruire, testare, ripetere”. Il focus era sulla prototipazione approfondita (il prototyping). Mentre prototipare con materiali semplici o software stava diventando intuitivo, l’elettronica rimaneva complicata, specialmente per gli studenti di design e arte che non avevano esperienza pregressa in software o hardware. Il compito di Banzi era semplificare l’elettronica per questi studenti.
Uno dei primi tentativi in questo senso fu la creazione di una scheda con un microcontrollore, inizialmente un chip P (facile da reperire in Italia perché usato per la visione illegale del calcio satellitare). Questa e altre iniziative – come il progetto di tesi di uno studente che applicava la filosofia di Processing all’hardware – culminarono nello sviluppo di Arduino. Arduino nacque dalla collaborazione di quattro figure chiave: Massimo Banzi, David, Tom e Davide, i quali misero insieme le esigenze e le lezioni apprese dai vari progetti di prototipazione.
Nascita e filosofia: L’esperienza utente al primo posto
Quando fu il momento di dare un nome alla piattaforma, la scelta cadde su Arduino, un nome derivato da un cocktail bar chiamato Arduino a Ivrea, dove il gruppo era solito fermarsi a bere qualcosa.
La prima versione della scheda Arduino era un piccolo computer delle dimensioni di una carta di credito, dotato di un processore a 8 bit e un modo estremamente semplice per programmarlo. L’obiettivo era ambizioso ma semplice: dovevano bastare 15 minuti dal momento in cui l’utente scaricava il software e riceveva la scheda al momento in cui poteva creare qualcosa di utile.
Il vero motto di Arduino divenne: “permettere a chiunque di innovare rendendo semplici da usare tecnologie complesse”. Questa filosofia è stata applicata non solo ai microcontrollori, ma estesa alla connettività e, più recentemente, all’intelligenza artificiale.
L’elemento dirompente di Arduino non era tanto l’hardware in sé – i “mattoni” tecnologici erano già esistenti – quanto l’esperienza utente (UX) creata per racchiudere e semplificare tecnologie altrimenti complicate. Banzi sottolinea che l’innovazione fondamentale di Arduino risiede proprio nell’esperienza utente.
Un pilastro fondamentale fin dall’inizio è stato l’open source. Arduino è stato probabilmente uno dei primi progetti a fornire hardware open source con una licenza allegata, cosa rara all’epoca, in cui l’open source era principalmente focalizzato sul software.
La costruzione dell’ecosistema e la critica iniziale
Massimo Banzi ha sempre creduto che per costruire uno strumento di impatto, fosse necessario creare un ecosistema, un sistema più grande dei suoi creatori. La strategia era di non essere invadenti e lasciare spazio ad altri, anche ai concorrenti, per lavorare e aggiungere valore alla piattaforma. Banzi lo riassume con un’analogia: è meglio avere “una fetta più piccola di una torta molto molto grande” con molte persone coinvolte, piuttosto che avere l’intera torta, ma che questa sia minuscola.
Il progetto ha sempre posto enfasi sul design, rendendo l’elettronica meno spaventosa attraverso una grafica bella e semplice. Inoltre, il marchio “Made in Italy” è rimasto un fattore importante: il 90-95% di Arduino è ancora prodotto nelle stesse fabbriche vicino a Ivrea.
Nonostante il successo, l’open source e l’hardware attraente hanno portato a copiature estensive. Molti produttori, in particolare cinesi, hanno iniziato a clonare la grafica e il design, arrivando persino a definirsi la “versione ufficiale”. Banzi ha reagito con orgoglio, vedendo la clonazione come un segno di popolarità.
Per distinguersi dalla semplice copiatura, Banzi ha enfatizzato la costruzione di un marchio e di una narrativa. È fondamentale che le persone capiscano cosa motiva il progetto e quale storia c’è dietro, un aspetto spesso dimenticato da chi si concentra solo sulla tecnologia.
Inizialmente, il progetto ha dovuto affrontare lo scetticismo di alcuni esperti di processori, che descrivevano Arduino come “programmazione Baby Talk per PT” (un’allusione negativa a persone poco serie o ingegneri meno qualificati). Tuttavia, Banzi non stava cercando di competere con i sistemi di sviluppo consolidati; l’obiettivo era espandere il mercato, invitando nuove persone a usare la tecnologia.
La crescita esplosiva
Il vero momento di decollo di Arduino arrivò quando incontrò il movimento dei maker. Il successo crebbe enormemente quando le persone negli Stati Uniti iniziarono a usarlo, dopo una fase iniziale in cui era più diffuso in Italia e nel Regno Unito. La rivista Make Magazine, fondata nel 2005 per intercettare il mondo dei maker, divenne un catalizzatore per la diffusione di Arduino.
Massimo Banzi sottolinea l’importanza cruciale di creare una community, non solo di lavorare sulla tecnologia; ciò implica anche la gestione di inevitabili “litigi” interni, ma è una parte vitale della costruzione.
Le applicazioni nate dalla comunità Arduino sono sbalorditive per la loro varietà, spaziando dall’arte alla scienza, dall’automazione industriale alla risposta alle crisi:
- Progetti ludici e creativi:
- Il primo progetto realizzato con Arduino fu una sveglia che richiedeva all’utente di colpire una palla per bloccarla; la palla si sollevava di 20 cm ogni volta, costringendo l’utente ad alzarsi progressivamente dal letto per spegnerla.
- Prototipi di lampade per aziende come Artem.
- Un gatto open source (un progetto popolare e ancora prodotto da un’azienda).
- Un sensore per piante che “chiama” l’utente al telefono per comunicare le sue esigenze (troppo buio, freddo, ecc.), conferendo personalità alla pianta.
- Un barista robotico (uno dei progetti “obbligatori” per i maker).
- Tecnologia indossabile e aerospaziale:
- L’Arduino Lilypad, inventato nel 2009, è una versione che può essere cucita nei tessuti per creare progetti di computer indossabili.
- Arduino è stato utilizzato anche per la realizzazione di satelliti.
- Arap Pilot è stato il primo e famoso software open source per droni, creato dalla comunità DIY.
- Scienza e DIY Bio (Fai da Te Biologico):
- Una macchina PCR (Reazione a Catena della Polimerasi) per analizzare il DNA.
- Un microscopio a scansione laser costruito utilizzando un laser di una Xbox e Arduino.
- Un sito, God, raccoglie numerosi progetti di apparecchiature scientifiche open source replicabili dagli utenti.
- Impatto sociale e ambientale (Civic Tech):
- Il progetto Safecast è nato dopo l’esplosione della centrale di Fukushima. Volontari a Tokyo hanno modificato un’interfaccia Ethernet di Arduino trasformandola in un contatore Geiger, creando una mappa pubblica delle radiazioni. Questo progetto, grazie alla comunità globale di volontari, ha costretto il governo giapponese ad ammettere che le radiazioni si erano diffuse più di quanto dichiarato.
- Applicazioni industriali e stampa 3D:
- Tutte le stampanti 3D famose hanno iniziato utilizzando Arduino come scheda madre, e ancora oggi diversi firmware in uso derivano da Arduino.
- Le stampanti 3D, una volta open source, sono state riproposte per usi specializzati, come trasformarle in robot per la scansione di vetrini o in stampanti transgeniche per cellule di riso. Quest’ultima è stata realizzata da un’università usando una stampante 3D da 200 dollari di Amazon per replicare un prodotto che ne sarebbe costato 17.000.
- Istruzione e tiny Machine Learning (TinyML):
- Arduino ha dimostrato la capacità di accelerare l’apprendimento: in un corso, studenti che partivano da zero sono arrivati, in sole due settimane, a realizzare dispositivi connessi al Wi-Fi che comunicavano con diverse API.
- Un esempio di progetto studentesco è un piccolo barattolo che, quando si inseriscono monete, effettua una donazione a un ente di beneficenza tramite l’API PayPal.
- Tramite una collaborazione con Intel, che implementò un classificatore in silicio su una scheda nel 2013, Banzi ha iniziato a insegnare ai suoi studenti il TinyML (Tiny Machine Learning).
- Esempi di TinyML includono un dispositivo per vicini rumorosi che impara a riconoscere il rumore e poi martella il muro per ricordare loro di fare silenzio.
- Questa ricerca ha portato a una collaborazione con l’Università di Harvard, che ha prodotto un corso online sul Tiny Machine Learning Kit.
- Le applicazioni TinyML includono la rilevazione di malattie nei maiali, la riabilitazione delle spalle e l’uso di una minuscola telecamera per il monitoraggio dei parassiti, sfruttando l’apprendimento automatico in periferia a bassissima potenza.
- Risposta alle Emergenze Sanitarie:
- Durante la pandemia, Arduino è stato utilizzato per costruire ventilatori e respiratori. L’Università di Oxford ne ha costruiti 7.000 utilizzando una scheda Arduino, distribuendoli in diversi paesi.
Il ruolo di Banzi nella diffusione del “Movimento Maker” in Italia
Oltre a co-creare la piattaforma, Banzi è stato determinante nella diffusione della cultura maker in Italia. Nel 2011, su richiesta di Riccardo Luna, ha contribuito a un’importante mostra a Torino sul futuro dell’Italia. Anziché limitarsi a esporre pannelli, Banzi e il suo team hanno creato il primo Fab Lab in Italia. Sebbene fosse inizialmente solo un cubo 5x5x5 metri e la stampante 3D acquistata non funzionasse all’inaugurazione (richiedendo una riparazione sul pavimento della mostra), l’iniziativa fu sufficiente per formare una community.
Successivamente, grazie a un accordo con l’organizzazione Toolbox a Torino, è stato creato il primo Fab Lab stabile e funzionante in Italia, ancora operativo dal 2012.
La sua influenza si è estesa a livello globale attraverso il TED Talk, dove Banzi è riuscito a portare argomenti riguardanti “una comunità di nerd che creano cose” su un palco tradizionalmente dedicato alla geopolitica e ad altri temi di ampio respiro.
Sempre in collaborazione con Riccardo Luna, Banzi ha contribuito a portare in Italia la Maker Faire. Grazie alla Camera di Commercio di Roma, nel 2013 è stata organizzata la Maker Faire Rome. Questo evento è cresciuto fino a raggiungere numeri impressionanti: 100.000 persone in due giorni e mezzo, diventando la più grande Maker Faire al mondo in cui le persone partecipano autonomamente (superata solo da quella di Shenzen, dove le persone venivano caricate sugli autobus).
L’evoluzione professionale e le sfide dell’Hardware Open Source
Nel tempo, Arduino è cresciuto dall’ambito educativo e amatoriale (maker) fino a quello professionale. Poiché le persone hanno iniziato a usare Arduino nell’automazione industriale, è stato necessario creare prodotti adatti a questo settore, come il PLC (Programmable Logic Controller) sviluppato con Finder. Questo PLC può essere programmato come un dispositivo classico o utilizzando diverse piattaforme e connettività, democratizzando l’automazione industriale.
Un’importante lezione appresa durante questa espansione è stata la necessità di lavorare su un insieme limitato di prodotti e di iterare su di essi in modo approfondito, evitando di disperdere energie su troppe linee.
Nonostante il successo, Massimo Banzi solleva un dibattito critico sull’hardware open source (OSH). L’OSH comporta elevati costi di ricerca e sviluppo, e la produzione di strumenti gratuiti che vengono poi copiati dagli altri (spesso acquistati dalla Cina) rende la sostenibilità economica un problema. Banzi ammette che, senza un “grande partner che ci supportasse”, non è sicuro che rifarebbe l’OSH nello stesso modo.
Il futuro e le partnership strategiche
Affrontando le sfide dell’hardware open source, Arduino ha intrapreso mosse strategiche significative. In risposta all’esigenza di un sostenitore forte, Arduino ha annunciato un nuovo prodotto realizzato in collaborazione con Qualcomm. Sebbene la fonte non indichi che Arduino sia stata recentemente acquisita, questa partnership con un gigante come Qualcomm è cruciale per la strategia futura. Avere Qualcomm a bordo permette ad Arduino di dire ai cloni: “Clonatelo quanto volete, renderete felice Qualcomm”.
Questa collaborazione è notevole perché Qualcomm, storicamente, era un’azienda molto difficile da approcciare, anche per comunicare. Ora stanno cambiando radicalmente il loro approccio, rendendo il processore disponibile in piccole quantità anche per le persone che desiderano costruire dispositivi derivati. Questa mossa strategica garantisce la longevità dell’hardware open source e stabilisce un nuovo modello per il futuro di Arduino.
L’Impatto sulla vita reale
Per Massimo Banzi, il progetto preferito, che incapsula l’intero successo ventennale di Arduino, è quello di una giovane donna di nome Judith. Judith, dopo aver imparato Arduino all’università, vide un cane capace di annusare il cancro e si propose di costruire un dispositivo, economico e semplice, per rilevare il cancro che colpisce le donne.
Judith è riuscita nel suo intento, vincendo il premio James Dyson nel 2020 con il suo sensore “Blue Box”. La scatola era stampata in 3D e il prototipo utilizzava l’IDE di Arduino. Oggi, Judith ha fondato un’azienda che produce effettivamente il sensore. Banzi vede questo come il culmine del suo lavoro: consentire a una giovane donna di costruire un dispositivo incredibile, a basso costo, con un impatto medico vitale.
In conclusione, Massimo Banzi riafferma la missione fondamentale: i principianti vedono la tecnologia come qualcosa di molto complicato e difficile. Il compito di Arduino, e di Banzi stesso (attraverso progetti come Super Moderno, che mira a spiegare la tecnologia in linguaggio semplice a un vasto pubblico), è rendere loro più facile la “scalata”.
Arduino agisce come un ascensore trasparente che trasporta i neofiti dalla base della scogliera, dove la tecnologia appare minacciosa e complessa, fino alla cima dell’innovazione, permettendo loro non solo di vedere il panorama, ma anche di costruire il futuro con le proprie mani.
Come già detto sopra, riportare un riassunto del talk non rende sicuramente giustizia a quello che è stato uno dei migliori keynote visti da un paio di anni a questa parte, mi rincuora il fatto che Banzi sia solito festeggiare le novità di Arduino anche sul nostro palco, e vista la velocità a cui si sta muovendo ultimamente credo che lo rivedremo molto presto.




