
Il bello di lavorare in un posto come Enlabs è che, andando al bar a prendere un caffè, non sai mai chi incontri.
Vecchi colleghi, studenti giovanissimi, frati ingegneri, pianisti alle prime armi (non so perché ma al bar c’è un bellissimo pianoforte a coda a cui tutti quelli in grado di suonare “bomba o non bomba” si siedono sentendosi Arturo Benedetti Michelangeli), etc.
Insomma un sacco di gente, molta della quale conosciuta ma di cui spesso hai dimenticato il nome e che non puoi chiamare “amore”, quindi ti limiti a tenere una faccia da poker finchè la tua AI personale non elabora un profilo, ovviamente allucinato.
Questa situazione incresciosa raggiunge proporzioni bibliche quando sei a una conferenza e incroci persone che conosci da decenni ma di cui, su due piedi,non riesci a ricordare assolutamente nulla.
All’inizio ti aggrappi alla speranza che il badge sia scritto a caratteri cubitali o perlomeno che non lo abbiano indossato al contrario, altrimenti devi provocare una folata di vento, soffiando come un forsennato o ricorrere a qualche trucco mentale jedi.
La goduria è quando capita il contrario e molti mi chiamano con nomi di fantasia, col cognome (qualcuno citando Verdone), col nome dell’azienda o, grazie al nome arcaico che mi porto appresso, con storpiature che mi fanno rabbrividire peggio del gesso sulla lim.
Non ci sarebbe nulla di male se non fosse che spesso, specialmente in un contesto più o meno professionale, l’essere riconosciuto o meno può avere risvolti economici, come diceva Frank Zappa “We’re Only in it for the Money”
Sappiamo già dai tempi di mio cugino, sostituito ora dall’AI, che non basta più scrivere codice pulito e risolvere problemi tecnici con efficienza: oggi un dev deve anche sapersi raccontare, comunicare in modo efficace, e inserirsi in un ecosistema sempre più competitivo e interconnesso.
In questo contesto, il personal branding non è un optional per chi ambisce a ruoli di leadership, consulenza, o semplicemente a una carriera più sostenibile.
Il personal braning è solo un altro di quegli strumenti da mettere nella cassetta degli attrezzi per essere riconosciuti, ascoltati e scelti.
Il mito del super-coder solitario
Anche se siete geniali come Sheldon Cooper troverete sempre sulla vostra strada un Prof. Gablehauser con cui avrete necessità di collaborare, a meno che non vogliate ritornare nella vostra cameretta a inventare un pesce luminoso.
Per troppo tempo, l’archetipo del developer di successo è stato quello dell’individuo brillante, immerso nel proprio codice, la cui unica preoccupazione era produrre soluzioni tecniche eleganti ed efficienti. Il valore di un programmatore era misurato quasi esclusivamente dalla sua capacità di scrivere righe di codice impeccabili, risolvere bug ostici e implementare funzionalità complesse.
Questa visione, sebbene radicata in film e letteratura di massa, risulta oggi anacronistica e limitante nel contesto dinamico e collaborativo del mondo tech contemporaneo.
Le stesse figure mitologiche che impersonavano questi stereotipi sono diventati quasi tutti ‘vecchietti’ rancorosi con una schiera di adoratori sempre più esigua.
Il motivo principale di questo cambiamento risiede nell’evoluzione stessa del software e delle metodologie di sviluppo. I progetti sono diventati sempre più complessi, distribuiti e multidisciplinari.
Un singolo developer raramente lavora in isolamento; al contrario, è inserito in team eterogenei che comprendono product manager, designer, analisti di business, esperti di marketing e altri ‘stakeholder’.
In questo scenario, la capacità di comunicare efficacemente idee tecniche a un pubblico non tecnico, di comprendere le esigenze del business e di collaborare attivamente diventa cruciale tanto quanto la padronanza del linguaggio di programmazione.
Inoltre, l’impatto del software si è esteso ben oltre la mera funzionalità tecnica. Le applicazioni e i sistemi che i developer creano influenzano la vita quotidiana di milioni di persone, trasformano interi settori industriali e guidano l’innovazione. Questa centralità del software impone ai suoi creatori una responsabilità maggiore, che va oltre la semplice esecuzione di specifiche. Richiede una comprensione del contesto in cui il software viene utilizzato, delle implicazioni etiche e sociali del proprio lavoro e della capacità di argomentare e difendere le proprie scelte tecniche in un linguaggio accessibile a tutti.
T-shaped management: cos’è
Tutto ciò è amplificato da un modello sempre più diffuso nelle organizzazioni: il T-shaped management, un’estensione del concetto di T-shaped skills, che premia i profili con una forte competenza verticale ma anche con aperture trasversali in comunicazione, empatia, collaborazione e visione di insieme, le vecchie soft skill con gli steroidi.
Oggi si cerca il dev che sappia dialogare con il team di prodotto, presentare un talk, scrivere una documentazione chiara e partecipare attivamente alla community.
Tutte attività in cui il proprio brand — personale e professionale — fa la differenza e diversi trend in atto nel panorama tech attuale rafforzano ulteriormente la necessità per i developer di svilupparne uno solido:
- Developer Economy: da anni stiamo assistendo a una crescente consapevolezza del valore strategico degli sviluppatori.
Le aziende che provano ad andare in autonomia sperando che l’AI elimini il bisogno delle persone ci stanno sbattendo il muso con risvegli apocalittici mentre prosperano quelle che competono ferocemente per attrarre e trattenere i migliori talenti.
I developer con una forte reputazione e una chiara identità professionale sono avvantaggiati in questo mercato del lavoro altamente competitivo.Il personal branding diventa uno strumento per distinguersi, attrarre opportunità interessanti e negoziare condizioni di lavoro migliori. - Remote-first e lavoro distribuito: La pandemia ha accelerato la transizione verso modelli di lavoro remoto e distribuito. In un ambiente in cui le interazioni di persona sono meno frequenti, la capacità di comunicare in modo efficace online, di costruire relazioni virtuali e di farsi notare attraverso i propri canali digitali diventa fondamentale per la crescita professionale e la collaborazione con i team.
- Freelancing e consulenza: Sempre più sviluppatori scelgono la strada del freelancing o della consulenza, a volte anche per necessità.
In questo contesto, il personal branding è essenziale per acquisire clienti, costruire fiducia e dimostrare la propria expertise. Un brand personale forte funge da biglietto da visita e aiuta a generare nuove opportunità di business. - Crescita orizzontale e leadership diffusa: Le strutture organizzative stanno evolvendo verso modelli più agili e orizzontali, in cui la leadership non è più prerogativa dei soli ruoli manageriali. I developer sono sempre più chiamati a prendere iniziative, a guidare tecnicamente i team, a fare da mentore ai colleghi più giovani e a influenzare le decisioni strategiche.
Tutte queste attività richiedono forti capacità comunicative e un personal brand che conferisca autorevolezza e credibilità.
Il T-shaped management come modello di riferimento moderno
In questo scenario complesso ed in evoluzione, molti stanno già cantando la morte delle startup, emerge il modello del T-shaped management come un framework di riferimento particolarmente promettente per i developer.
In pratica si tratta di dev che possiedono una profonda competenza verticale in una specifica area (la base della “T”) unita a una vasta conoscenza orizzontale e capacità di collaborazione interdisciplinare (la parte superiore della “T”).
Per un developer, essere verticale rappresenta la solida padronanza di linguaggi di programmazione, framework, architetture e principi di ingegneria del software. Le prime donne informatiche, dipinte magistralmente da Scott Adams, hanno fatto il loro tempo.
Chiunque abbia letto ‘The Phoenix project’ sa che, per eccellere nel contesto attuale, questa competenza tecnica non è più sufficiente, anzi impersonare il cyber guru che lavora 48 ore al giorno senza parlare nemmeno con la papera di gomma, equivale a dipingersi un grosso bersaglio sulla schiena ed essere individuato come uno dei più classici colli di bottiglia .
È necessario affiancare alle competenze tecniche una serie di abilità trasversali che permettano di interagire efficacemente con diverse figure professionali, di comprendere le dinamiche di business, di comunicare idee in modo chiaro e persuasivo e di contribuire attivamente alla crescita del team e della community.
Comunicazione Mentorship Empatia Public Speaking
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Backend Dev <────┤ DEVELOPER ├────> DevOps Tools
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Data Analysis
Il personal branding si inserisce perfettamente in questo modello T-shaped come uno degli elementi chiave della dimensione orizzontale. La capacità di costruire e comunicare il proprio valore professionale, di rendersi visibili e di interagire con la community sono competenze che completano il profilo tecnico del developer moderno, trasformandolo da un semplice esecutore di codice a un professionista completo e influente.
Canali e strategie per personal branding tech
Costruire un personal brand per un developer non significa improvvisarsi marketer, ma imparare a dare voce al proprio valore tecnico in modo coerente e riconoscibile. Il primo passo è naturalmente scegliere un focus chiaro: qual è il tuo ambito di specializzazione? Back-end con Go? Front-end accessibile con React? DevOps su Azure? La verticalità tecnica è il cuore del profilo T-shaped, ma ciò che lo rende interessante è come lo si racconta e condivide.
E i modi per raccontarlo e condividerlo non sono poi troppi:
GitHub non mente: commit, progetti, documentazione sono tracce visibili del proprio modo di lavorare, In Talent è ancora adesso una cosa che chiediamo per presentare i candidati alle aziende, molte volte i dev che lavorano in azienda non hanno un profilo personale ne sviluppano side-project che possono in qualche modo mostrare in giro, va da sé che lavorare a un side project ed usare github sono requisiti necessari nel momento in cui vogliamo uscire dalla comfort zone.
LinkedIn è lo spazio per dare contesto: raccontare esperienze, confrontarsi, farsi trovare, vedere le novità e cogliere le opportunità.
A prescindere da come la pensiate sui social, vedere dev con 15 persone nel proprio network mi fa pensare a qualcuno che programma dal profondo delle grotte di Frasassi…
Ma fin qui è un percorso facile e naturale, che fa capire se e quando si è pronti per il salto: su Dev.to, Hashnode o Medium si possono condividere articoli tecnici, soluzioni a problemi specifici o riflessioni sull’evoluzione dello stack. Anche quello che rimane di X/Twitter o di Stack Overflow possono essere validi canali, soprattutto per chi vuole sperimentare contenuti brevi, ma il trend non gira molto in quella direzione.
Per scrivere non esiste una strategia unica: conta l’autenticità e la costanza.
Scrivere un blog post al mese, pubblicare un side project ben documentato, proporre un lightning talk in un meetup locale o partecipare a un progetto open source sono tutte forme efficaci di branding. Anche aiutare colleghi junior o offrire mentorship in community online contribuisce.
Il punto di arrivo però sono i talk alle conferenze,prima le nazionali e poi le internazionali , decisamente le colonne d’Ercole per un dev che vuole prima di tutto aiutare la community con la propria esperienza e poi proporsi come punto di riferimento (ne ho già scritto qui)
Fino a un secondo prima maledirete la fatica e l’impegno per aver accettato, ma una volta finito vi sentirete molto meglio e capirete che ne saprete ancora di più di quello che credevate all’inizio.
Un punto chiave spesso sottovalutato è non raccontare solo i successi, ma il percorso. Le storie di fallimenti, bug epici, refactor dolorosi e decisioni architetturali controverse sono quelle che generano empatia e attenzione.
Struttura visiva a blocchi:
Azione | Esempio | Effetto |
Scrivi un articolo | “Come ho ottimizzato una query MySQL complessa” | Posizionamento come problem solver |
Contribuisci a OSS | PR su un progetto noto | Reputazione tecnica |
Partecipa a un meetup | Lightning talk da 10 min | Networking locale |
Condividi una lezione | Post: “Ho imparato che…” | Empatia + visibilità |
Documenta i tuoi progetti | README completo e ben scritto | Usabilità + professionalità |
Evitate di proporvi come una infallibile macchina da codice, un brand autentico si costruisce nel tempo, a piccoli passi, lasciando tracce utili e riconoscibili per chi incrocia il vostro lavoro.
Pubblicare solo successi o metriche autoreferenziali rischia di essere percepito come vuoto o distante. Un buon brand personale parla più di valore condiviso che di performance individuali.
Qui non parliamo dei controversi “influencer tech”. Avere migliaia di follower non è l’obiettivo, e spesso non è per niente necessario. Conta la qualità delle connessioni, non la quantità. Un commento utile in un thread GitHub o una risposta su Reddit possono valere più di un post virale contro il maltrattamento delle papere durante la sessione di debug.
Non perdere la “Code-Credibility”
Come detto in precedenza il personal branding non sostituisce la competenza tecnica, semmai la potenzia.
I Maicol Pirozzi sono rari nel nostro mondo e nessuna strategia di visibilità può compensare l’assenza di skill, Invece quando competenza e comunicazione si incontrano, il risultato è un profilo solido, interessante, e pronto a cogliere opportunità che resterebbero altrimenti irraggiungibili.
Esempi tipici si trovano sia nella community tech internazionale, dove developer che hanno costruito un personal brand solido ed efficace come Dan Abramov, membro del team React di Meta e co-creatore di Redux, che è diventato una figura di riferimento non solo per il suo codice, ma per come racconta dubbi, progressi e riflessioni sul suo blog.
O Cassidy Williams che ha saputo unire competenza tecnica, umorismo e creatività nella divulgazione. I suoi video, tweet e talk sono accessibili, autentici e capaci di attrarre un pubblico ampio(qui il suo sito). Anche Theo Browne (T3.gg) ha creato una community fedele grazie a contenuti video molto diretti, code-first e opinioni nette su cosa significhi costruire buoni prodotti, qui trovate uno dei miei video preferiti dove parla di php e javascript.
Dall’Italia sono partite figure come Luca Mezzalira, Fabio Biondi o Michele Riva, solo per citarne alcuni, dimostrano che un dev può essere anche divulgatore, speaker internazionale, mentor o CTO, mantenendo salde radici tecniche. Ognuno con uno stile diverso, ma con un elemento in comune: la coerenza e la costanza nel raccontare il proprio lavoro.
Il personal branding non è quindi un fine, ma un mezzo per crescere come professionista consapevole, in grado di lasciare un’impronta. È un investimento nel tempo: ogni contenuto condiviso, ogni interazione positiva, ogni progetto documentato diventano asset immateriali che aumentano il valore percepito del proprio lavoro.
Un brand solido non solo apre nuove opportunità — proposte di collaborazione, inviti a eventi, accesso a community — ma rende anche più autonoma la propria carriera. Più controllo sui progetti da scegliere, maggiore influenza nei team, più facilità nel passare da contributor a leader.
E non serve affatto iniziare in grande: basta un piccolo gesto ogni giorno. Migliora un README, racconta una sfida tecnica superata, partecipa a una conversazione. Tutte cose che comunque fanno di voi un dev migliore perchè Il personal branding non è apparenza: è presenza. E in un mercato competitivo, essere presenti e visibili è sicuramente un vantaggio qualunque siano le vostre prospettive di carriera.
Tra l’altro se suonate il pianoforte in maniera decente potete anche venire al bar di Enlabs, dopo anni di incipit di ‘per Elisa’,anche solo abbozzare il brano dei Birds urlatoper due minuti farà di voi una super star.